Lactobacillus rhamnosus GG (ATCC 53103) NEL TRATTAMENTO DELLE COLICHE INFANTILI: studio PILOTA clinico e microbiologico, prospettico sperimentale NON farmacologico
Progetto Le coliche infantili rappresentano un disturbo comune nei primi mesi di vita, come riportato anche in pubblicazioni recenti, e costituiscono spesso un motivo di allarme e preoccupazione per i genitori, che davanti al pianto inconsolabile del proprio bambino non sanno quali provvedimenti adottare. Le coliche infantili costituiscono una sindrome clinica caratterizzata da crisi di pianto parossistico e inconsolabile, accompagnato da agitazione, arrossamento del volto, flessione degli arti inferiori sull’addome e possibile emissione di gas, in un lattante in buona salute. La definizione più comunemente accettata del disturbo è stata fornita da Wessel nel 1954 con la “regola del tre”, secondo la quale sarebbe affetto da coliche un lattante soggetto a parossismi di irritabilità con agitazione o pianto della durata di più di tre ore al giorno, con una frequenza pari ad almeno tre giorni alla settimana e per almeno tre settimane consecutive. Le crisi di pianto presentano un’ampia variabilità di caratteristiche e di durata.
Sebbene siano stati condotti numerosi studi per approfondire le cause dell’insorgenza delle coliche infantili, l’eziologia non è ancora completamente chiarita. Le principali ipotesi formulate comprendono: eccessiva produzione di gas, intolleranza al lattosio, disturbi della motilità intestinale, alterazioni ormonali, allergia alle proteine del latte vaccino, fattori comportamentali e neurologici del bambino, fattori materni e familiari, interazione genitori/figlio. Alcuni autori hanno anche ipotizzato il ruolo di altri fattori quali il fumo dei genitori, gli eventuali farmaci assunti durante il parto, e recentemente la prematurità e il basso peso alla nascita.
Negli ultimi anni l’attenzione della ricerca si è concentrata sul ruolo della microflora intestinale. E’ stato osservato come i lattanti con coliche presentino una microflora diversa rispetto ai controlli sani. In particolare, si è evidenziato come siano più spesso colonizzati da batteri anaerobi Gram negativi e meno frequentemente da bifidobatteri e lattobacilli, con differenze nei pattern degli stessi lattobacilli intestinali. Lactobacillus lactis e Lactobacillus brevis, produttori di alcol etilico e anidride carbonica, sono stati riscontrati solo nei lattanti con coliche gassose, mentre Lactobacillus acidophilus è stato evidenziato solo nei lattanti sani. Questa diversità di ceppi potrebbe essere coinvolta nell’aumento del meteorismo tipico di tale disturbo. Più recentemente abbiamo osservato con l’utilizzo di metodiche di identificazione molecolare (PCR e Ribotyping) che nelle feci dei lattanti con coliche è presente una maggiore concentrazione di batteri coliformi, in particolare Escherichia coli, rispetto ai controlli. Un altro studio condotto da Rhoads et al. ha osservato la presenza di elevate concentrazioni di Klebsiella e alti livelli di calprotectina fecale nei lattanti affetti da tale disturbo. Studi recenti di Partthy e De Weerth condotti con metodiche avanzate hanno confermato una alterazione dell’ambiente microbico nei bambini con coliche soprattuto a carico dei bifidoabatteri che dei lactobacilli.
Negli ultimi anni sono stati condotti numerosi trial clinici al fine di valutare la sicurezza e la tollerabilità del Lactobacillus reuteri nei lattanti affetti da coliche (Savino 2005, Savino 2010, Swaniewska 2012, Indrio 2014, Gideon 2014) con buoni risultati.
Una metaanalisi di Xu pubblicata in ottobre 2015 da Plos one conclude che sono necessari ulteriori ricerche.
L’obiettivo primario di questo studio è di effettuare uno studio pilota per valutare l’efficacia di un ceppo di Lactobacillus rhamnosus GG 5x109 ufc nel trattamento di lattanti affetti da coliche infantili (in accordo con la defininizione di Hyman 2006), andando a valutare se la somministrazione di Lactobacillus rhamnosus GG (Dicoflor) ha determinato una modifica dei marcatori dell’infiammazione, quali: IL-6 e TNFα, nei lattanti aff