La ricerca degli insediamenti in area alpina non è ancora molto sviluppata poiché, assai erroneamente, le montagne sono sempre state considerate delle aree marginali. In realtà, proprio le valli alpine erano attraversate da strade che permettevano il collegamento tra il mondo del Mediterraneo e le zone del centro-nord Europa, oltre a fornire molte materie prime. L’approccio corretto per una rilettura critica e propositiva dello stereotipo di “aree montane chiuse” risiede non solo nello studio diacronico dell’impatto dell’attività antropica sull’ecosistema montano, ma anche in una ricerca multidisciplinare di ampio respiro che permetta di trovare una sintassi comune tra le scienze umanistiche e naturali. Lo studio storico-archeologico delle dinamiche insediative in area alpina e i risultati di indagini biologiche e chimiche sono “fonti diverse” che possono integrarsi costruttivamente per rispondere a domande storiografiche attraverso un proficuo confronto tra obiettivi e prassi operative. Un rigoroso approccio storico-archeologico, biomolecolare e chimico-ambientale possono integrarsi costruttivamente per ampliare gli orizzonti delle conoscenze relative alle trasformazioni del paesaggio storico e di come l’uomo si sia adattato all’ambiente alpino (Stagno 2015). Tra le attività umane a maggiore impatto sul record ambientale, tutte strettamente connesse alla viabilità, figurano quelle legate allo sfruttamento delle risorse boschive, di pascolo, minerarie e i relativi processi produttivi. Le tracce sul paesaggio di tali attività non sono sempre facilmente rilevabili con un approccio tradizionale, ma potrebbero essere individuate mediante indagini sugli ecofatti condotte nell’ambito della microbial ecology, cioè caratterizzando la memoria microbiologica del suolo che in altri contesti si è vista perdurare anche per millenni (Margesin et al. 2017; Demkina et al. 2007). Dal punto di vista chimico risulta importante l’individuazione e l’entità dell’inquinamento ambientale. La diffusione nelle acque superficiali dei prodotti inquinanti, derivanti dall’attività produttiva o dal solo impatto antropico comporta alterazioni chimico fisiche dell’ecosistema, come una diminuzione del pH o la presenza di metalli pesanti in acque, suolo e vegetazione. Parlare di paesaggio alpino significa inoltre non perdere mai di vista lo stretto legame tra l’aspetto geologico e geomorfologico del territorio, le risorse minerarie e ambientali che hanno condizionato fortemente le dinamiche insediative e sociali (Francovich 1994). Le ricerche iniziate nelle Alpi Graie, con il Progetto Orgères (Di Gangi, Lebole, Sartorio 2021), e nelle Alpi venete, con una serie di lavori sul campo (Sauro et alii 2013; De Guio, Migliavacca 2010), ultimo dei quali il progetto Oltre il confine (Migliavacca et alii 2021), hanno evidenziato come, in area montana, fare archeologia significhi considerare una serie di varianti assai complesse che richiedono un approccio multidisciplinare.