Gli ecotipi locali sono il risultato del lento e progressivo adattamento a specifiche condizioni
pedoclimatiche e a tecniche colturali a basso input che li rende unici, tipici, e fortemente
identificabili e legati alle tradizioni gastronomiche e culturali del territorio di origine. Per questo
il crescente desiderio di “naturalità” ha fatto sì che, negli ultimi anni, sempre più consumatori abbiano
iniziato a modificare le loro abitudini di acquisto rivolgendosi con maggior frequenza a prodotti ortofrutticoli
a filiera corta, proposti da aziende o negozi di quartiere ed identificati come prodotti elitari,
in quanto dotati di peculiari caratteristiche organolettiche e qualitative e ritenuti più salubri e
ecosostenibili.
Questo aumento di richiesta sui prodotti richiede una maggior disponibilità di prodotto abbinata
all’uniformità delle produzioni e ad una produttività che sia sufficientemente remunerativa per
l’agricoltore. Non provenendo da specifici programmi di ricerca e ibridazione condotti da ditte
sementiere la produzione della semente o dei materiali di propagazione di questi ecotipi è affidata
agli agricoltori che, pur dotati di elevata professionalità, spesso non possiedono adeguate
informazioni sulle più idonee strategie di selezione del materiale da inter-incrociare o delle
pratiche di isolamento da adottare per evitare il loto “inquinamento genetico”. Quest’ultimo può infatti
portare, nel lungo periodo, a problemi di gestione degli ecotipi e nei casi più gravi anche alla perdita
dei loro caratteri distintivi. Un’ulteriore problematica associata all’autoriproduzione delle sementi
è quella relativa al mancato controllo sulla sanità del seme. Ciò può causare la diffusione di batteri
e/o virus compromettendo la qualità e quantità della produzione e, nei casi più gravi, mettendo a
rischio la sopravvivenza degli ecotipi.
Partendo da questi concetti nel corso del progetto “Rigenera” finanziato nell’ambito della misura
10.1.2. sono state programmate e realizzate attività volte ad ottenere nuovi nuclei di semente
dotati di elevata uniformità, maggiormente rispondenti alle caratteristiche originarie delle rispettive
landraces e caratterizzate da una maggior sanità. Le attività sui materiali a propagazione vegetativa
hanno permesso invece di identificare in campo i genotipi migliori da utilizzare nelle successive
attività di propagazione delle piante per l’allestimento di altri impianti.