I linfomi cutanei a cellule T (CTCL) rappresentano un insieme di malattie rare con un’incidenza annuale di circa 7-10 nuovi casi/milione di persone (www.rarecarenet.eu) che costituiscono nella loro totalità meno del 4% di tutti i linfomi non Hodgkin. I CTCLs sono contraddistinti dal primitivo coinvolgimento della cute e la micosi fungoide (MF) e la sindrome di Sezary (SS) rappresentano le forme più diffuse. Nei primi stadi della MF, le cellule neoplastiche sono principalmente localizzate nella cute e la malattia è indolente (linfoma di basso grado) tuttavia, circa il 30% di questi pazienti va incontro a una progressione di malattia in sedi extra-cutanee che compromette la qualità della vita e si associa a una prognosi sfavorevole (sopravvivenza media da 13 a 56 mesi) (Willemze et al. 2019)(Scarisbrick et al. 2015). A differenza, la SS è una variante definita dalla presenza delle cellule T neoplastiche con nucleo cerebriforme nella cute (eritrodermia), nei linfonodi (linfoadenopatia) e nel sangue periferico (forma leucemizzata) con una sopravvivenza media a 5 anni raggiunta solo dal 24% dei pazienti. (Willemze et al. 2019)(Scarisbrick et al. 2015). Le forme aggressive CTCL sono caratterizzate da molti eventi genetici come variazioni del numero di copie geniche, mutazioni e alterazioni cromosomiche che interessano la segnalazione del recettore delle cellule T (TCR), le molecole di co-stimolazione, PI3K, JAK/STAT, NF-kB, il ciclo cellulare, l’apoptosi, la risposta al danno al DNA, i modificatori epigenetici e l’immuno-sorveglianza. (Park et al. 2017)(Choi et al. 2015)(Prasad et al. 2016)(da Silva Almeida et al. 2015)(Ungewickell et al. 2015) Nonostante i numerosi dati genomici “high throughput” generati finora, nessun trattamento è stato dimostrato essere curativo o di prolungare la sopravvivenza del CTCL aggressivo. Il fallimento terapeutico è dovuto in parte all'elevata eterogeneità intra-tumorale della malattia, ma anche alla scarsa partecipazione dei tumori rari nei trial clinici. Recentemente l'inibitore di PI3K Duvalisib ha mostrato efficacia in circa il 30% dei casi CTCL. Altre terapie mirate sono rappresentate da inibitori di JAK/STAT, HDAC e farmaci ipometilanti (decitabina, metotrexato) che mostrano efficacia nel 20- 40% dei casi. Recentemente, nuovi approfondimenti sulla patogenesi della SS, sono stati forniti dal team dei ricercatori dell’IDI IRCCS (UO1) e dell’Università di Torino (UO3) sull’ectoenzima CD39. In particolare, il team dell’IDI-IRCCS (UO1) ha dimostrato che l'espressione del CD39 è geneticamente controllata dallo SNP rs10748643 ed è in grado di distinguere due gruppi di pazienti SS (CD39+ e CD39-) con diverse prognosi (Picozza et al. 2022). Risultati preliminari indicano che le cellule CD39+SS sono transcrizionalmente meno attive (sia in termini quantitativi che qualitativi) rispetto alle cellule CD39- SS suggerendo che questa proteina è in grado di agire su meccanismi epigenetici come la metilazione. Questi dati suggeriscono che il biomarcatote CD39 può aiutare a selezionare i pazienti potenzialmente più responsivi alle terapie ipometilanti. C’è inoltre da sottolineare il team dell’Università degli Studi di Torino (UO3) ha dimostrato che gli ecto-enzimi CD39/CD73 generano adenosina extracellulare immunosoppressiva (ADO), potenzialmente coinvolta nella risposta immune dei pazienti affetti da SS (Yakymiv et al. 2023). Considerando le sfide terapeutiche sopra descritte e la scarsità di modelli preclinici in vitro/in vivo per i CTCL, il presente progetto mira a sviluppare un trattamento personalizzato per i pazienti affetti da CTCL utilizzando analisi genomiche integrate alla suscettibilità farmacologica. A tal fine, sarà analizzato l’intero genoma tramite sequenziamento (WGS) di cinque linee cellulari commerciali di CTCL che saranno contemporaneamente testate con una vasta libreria di farmaci contenenti composti approvati dalla FDA (FDA-drug libray). Utiliz