Impatto dell’inquinamento ambientale sull’insorgenza e sulle alterazioni del sistema immunitario nei soggetti con sclerosi multipla
Progetto L'inquinamento atmosferico rappresenta una delle principali minacce per la salute pubblica: secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 4,2 milioni di persone vi sono esposte giornalmente. Recentemente, il particolato aerodisperso (PM) è stato annoverato tra i fattori di rischio nell’insorgenza e nell’esacerbazione di malattia della Sclerosi Multipla (SM). Numerosi studi, comprese due revisioni sistematiche, confermano una relazione significativa tra esposizione ad inquinanti ambientali (ozono, NO2, PM di diametro inferiore o uguale a 10 µm (PM10) o 2,5 µm (PM2.5)) e sviluppo e prevalenza di SM, sia a livello clinico che preclinico [doi: 10.1016/j.envres.2020.110386, doi: 10.1016/j.envres.2021.112581]. [doi:10.1016/j.envres.2018.01.040, doi:10.1177/1352458518803273]. Nuove evidenze suggeriscono però anche un’associazione tra rischio di recidiva di malattia e concentrazioni di PM10 [doi:10.1515/reveh-2020-0079]: in Lombardia uno studio retrospettivo ha osservato un significativo aumento del rischio di ospedalizzazione per recidiva quando la concentrazione di PM10 risultava elevata nei 7 giorni precedenti [doi:10.1016/j.envres.2015.11.017]. Analogamente, uno studio francese ha osservato un aumento del rischio relativo di ricaduta in inverno, quando la concentrazione media di PM10 nei tre giorni precedenti all'insorgenza della recidiva risultava superiore ai parametri di riferimento [doi:10.1016/j.envres.2017.03.049]. Anche a livello radiologico è stata evidenziata un’associazione significativa tra la presenza di nuove lesioni infiammatorie alla risonanza magnetica e i livelli di PM10 (misurati 5-25 giorni prima) in persone con SM (pcSM), indipendentemente dal tipo di immunoterapia, dal fumo e stagione [doi:10.1177/1352458517726866]. Alla base potrebbe esserci un aumentato reclutamento dei linfociti Th17 implicati nel danno neuronale [doi:10.1186/s12974-020-01977-0].
Anche il PM2.5, che per le sue piccole dimensioni è in grado di raggiungere i distretti periferici e il sistema nervoso centrale, è stato associato ad una più elevata prevalenza di casi di SM nella provincia di Padova [doi: 10.1177/1352458518803273], e non solo [10.1016/j.envres.2018.06.003; 10.1186/s12940-020-0565-4]. Anche se si ipotizza un’attivazione di risposte pro-infiammatorie disimmuni conseguenti all’aumento dello stress ossidativo, il contributo patogenetico, in particolare del PM2.5, non è ancora del tutto chiarito. Inoltre la SM ha decorso imprevedibile, non sono disponibili precisi fattori predittivi di ricaduta o di risposta al trattamento. Alla diagnosi vengono infatti individuati plurimi fattori prognostici negativi prevalentemente di tipo demografico (sesso maschile), clinico (tipo di esordio) e radiologico (carico lesionale), ma non di tipo ambientale e molto pochi di tipo biologico (prevalentemente dati liquorali). Inoltre la maggior parte di tali fattori prognostici negativi non sono modificabili né prevenibili.
Come il particolato atmosferico influenza la prognosi della SM e quali sono i meccanismi immunologici e molecolari coinvolti?
Studiare questi processi biologici permetterà di svelare nuovi meccanismi coinvolti nell’insorgenza e nell’esacerbazione della SM. Inoltre l’esposizione ad elevate concentrazioni di PM2.5 potrebbe rappresentare un ulteriore fattore prognostico negativo da considerare per le scelte terapeutiche e interventi di prevenzione.