Data di Pubblicazione:
2018
Abstract:
È oggi tendenza assai diffusa quella di considerare i cuccioli, umani o animali che siano, come sorte
di vite in potenza, la cui caratteristica primaria è una primigenia illibatezza d'animo. Così i bambini
in fasce, liberi dal giogo della socializzazione, sono letti e divulgati nei termini di una speranza
primordiale, ancorché vessati inconsapevolmente da una responsabilità non richiesta, quella di
essere associati alla retorica del “classe dirigente che verrà”, del “futuro”, e simili. Si profila però,
fra le pieghe di quest'immaginario teso a celebrare i neonati come portatori di una benevolenza
assoluta, un contro-immaginario più inquietante, anche se certamente più veritiero: il cucciolo come
contenitore vuoto, pronto a essere abitato da questa o quella educazione, da questa o quella
ideologia, in ultima analisi dal Bene o dal Male. A dare conto di questa visione collettiva è in primis
il cinema, che fa di frequente dell'infante una figura criptica, le cui intenzioni e possibilità risultano
parzialmente o del tutto indecifrabili da parte del mondo contrappostogli degli adulti. A partire da
questa premessa si staglia lo sterminato panorama di un certo cinema horror ove i bambini, o in
alcuni casi i neonati, data la loro sostanziale verginità socio-psichica, si fanno contenitori di un male
metafisico previa possessioni (che riducono il cucciolo a una sorta di simulacro – o capsula –
enunciazionale), o in casi meno gravi rapporti comunicativi “aumentati” con entità maligne. Caso
emblematico è Rosemary's Baby (Polanski 1968) ove il cucciolo, appena nato, diviene involucro
atto a contenere il demonio in persona, o L'esorcista (Friedkin 1973) ove similmente un antico
demone abita la pelle di una bambina, o ancora Il sesto senso (Shyamalan 1999) in cui il bambino di
turno è una sorta di medium fra il mondo dei vivi e quello dei morti, e così via. Dall'altro lato,
contro le forze del male, si assiste all'impotenza del mondo adulto, desideroso di contrapporre il
riempimento demoniaco dei cuccioli che ritiene suoi con misurate quantità di bene. Ecco quindi
intersecarsi due assiologie di fondo, e cioè quella assolutistica e manichea che vede il male e il bene
come poli diametrali, ma anche quella dell'adulto speculare al cucciolo, ove il primo si arroga il
diritto (sussunto per ordini anagrafici) di inserire un educazione nel secondo. Quest'ultimo
paradigma, interiorizzato come un unicum dalle società occidentali, è stato più volte messo in
discussione in termini di immaginario, come nel celebre caso de Il signore delle mosche (Golding
1954), romanzo che vede la creazione di una micro-società gestita da ragazzi – lessema “ombrello”
che racchiude in sé una variabile fascia di età solitamente intesa fra l'infanzia e l'adolescenza –, ma
anche in generale tutto il “cinema per ragazzi” di derivazione spielberghiana (si pensi a E.T.
l'extraterrestre, Hook – Capitan uncino, A.I. Intelligenza artificiale,...), in cui il mondo degli adulti
è relegato in una posizione marginale e i sistemi di valori sono interamente gestiti da bambini e
adolescenti (la cui “cucciolosità” si perpetra in un regime anagrafico non più chiaramente definito),
capaci di esplorare il mondo mediante una purezza esclusiva, come nell'iconico caso de I Goonies
(Donner 1985) o di Gremlins (Dante 1984), dove la salvezza del mondo è affidata proprio a ragazzi,
e dove inoltre il modello del cucciolo contenitore è riproposto in versione proto-animale dal
gremlin, abitabile dal bene assoluto (in questo senso simile, anche in termini fisiognomici, al tòpos
del gattino), o dal male più mefitico (che lo ri-pertinentizza anche figurativamente). Obiettivo di
questo saggio è dunque trac
Tipologia CRIS:
03A-Articolo su Rivista
Keywords:
cuccioli, cinema, semiotica, film, assiologie, baby, simulacra, pets, bambini, horror, gatti
Elenco autori:
surace
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