Pandemic Parenting. Disagio psicosociale di genitori e bambini in età prescolare nel territorio piemontese: parental burnout e processi di resilienza
Progetto Il virus Sars-Covid-2 si è diffuso rapidamente in Italia, nel resto d’Europa e nel mondo
determinando una situazione di emergenza sanitaria, caratterizzata da elevata contagiosità e gravità
dei sintomi nei contagiati, non ancora risolta e che continua a richiedere misure di contenimento
fortemente restrittive nella vita quotidiana.
Sebbene centinaia di articoli internazionali abbiano chiaramente evidenziato le conseguenze
psicologiche della pandemia da Covid-19 sui bambini e sulle loro famiglie, questo tema continua a
rimanere ai margini del dibattito pubblico e sociale, fatta eccezione per la risonanza sempre maggiore
che ha assunto il tema della Didattica a Distanza per i bambini e i ragazzi in età scolare. Dei bambini
più piccoli, in età prescolare, quasi nessuno parla, come si parla poco, ad esempio, delle conseguenze
sui loro percorsi di sviluppo del distanziamento sociale, dei vari lockdown e quarantene, delle
chiusure e riaperture a singhiozzo dei nidi e delle scuole dell’infanzia, delle madri e dei padri diventati
improvvisamente multitasking, sospesi tra smart-working e compiti di cura, che accusano, dopo più
di un anno dall’esordio della pandemia, sintomi da “indigestione” di figli (Ammaniti, 2020). Secondo
l’analisi effettuata da Telefono Azzurro (2020), in questi mesi di pandemia le vittime più evidenti,
seppur tenute sotto silenzio, sono i diritti primari e fondamentali dei bambini: il diritto allo studio,
alla libertà, al gioco, alla socializzazione con i propri amici e familiari (si pensi all’allontanamento
forzato dai nonni), a una crescita armonica e serena. Nel report Prima i bambini si afferma: “si tratta
di diritti che ogni società dovrebbe mettere al centro della propria quotidianità e del proprio pensiero
verso il futuro e che invece sono stati inghiottiti in un grande buco nero, schiacciati da altri “diritti”
che sono sembrati a tutti più doverosi di attenzione: il diritto alla sicurezza e alla salute, quindi il
diritto a far ripartire il meccanismo economico... E i bambini? Messi ai margini, dimenticati, posti in
coda alle esigenze degli adulti” (Telefono Azzurro, novembre 2020).
E invece importanti e numerose sono le sofferenze e le privazioni che i bambini hanno vissuto
e continuano a vivere, ancor più se appartenenti a famiglie svantaggiate o a rischio, di cui occorre
urgentemente avere un quadro esaustivo al fine di mettere in campo idonei progetti di intervento a
tutela dei bambini. Dal punto di vista psicologico, fronteggiare una pandemia costituisce infatti un
evento critico paranormativo in grado di destabilizzare equilibri e reazioni adattive, a livello
personale, familiare e collettivo, potenzialmente anche a lungo termine. Il lockdown e il prolungarsi
delle restrizioni, inoltre, comportano una ridefinizione dei contatti con il contesto e con le altre
persone, una frattura nei rituali quotidiani e nella continuità dei legami tra famiglia e rete di
appartenenza, aspetti che costituiscono un potenziale danno, soprattutto per i bambini e le famiglie
già in condizione di vulnerabilità psicosociale (Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza
Gruppo Emergenza COVID-19, 2020), diminuendo la possibilità di avvalersi del supporto sociale,
che invece rappresenta una risorsa fondamentale per promuovere la resilienza di fronte ad eventi di
vita avversi. Venuti improvvisamente meno tutti quei meccanismi di inclusione che normalmente
arginano le diseguaglianze sociali – la scuola, i servizi territoriali, l’attività del privato sociale –
centinaia di migliaia di bambini si sono trovati tagliati fuori dalle opportunità di un normale percorso
di crescita, aumentando condizioni di povertà educativa ancora da colmare. Da non dimenticare che
molti di questi bambini hanno anche sperimentato il confronto drammatico con un qualche lutto
accaduto in famiglia o nella fam