Le malattie del motoneurone sono un gruppo eterogeneo di patologie che comprende la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) con le sue varianti, la atrofia muscolare spinale (SMA), la malattia di Kennedy, la Sindrome Post-Polio e numerose altre forme (1).
La SLA, che è la più frequente, ha una eziopatogenesi multifattoriale, legata ad una complessa interazione tra fattori genetici ed ambientali ed è caratterizzata da atrofia e paralisi dei muscoli volontari come risultato di una progressiva perdita di motoneuroni superiori ed inferiori (2). In circa il 5-10% dei casi il pattern di ereditarietà è di tipo autosomico dominante, il restante 90% dei pazienti presenta la forma sporadica (3, 4).
Sebbene le malattie neurodegenerative abbiano una differente patogenesi, una caratteristica peculiare che le accomuna è la presenza di neuroinfiammazione cronica, caratterizzata dall’attivazione della microglia e dell’astroglia a livello del sistema nervoso centrale, di linfociti periferici proinfiammatori e di macrofagi (2). Nella SLA, in particolare, è stato dimostrato che la formazione di aggregati multipli nel nucleo, nel citoplasma o nella matrice extracellulare inducono un danno cellulare e disfunzione neuronale (5). Gli aggregati proteici rilasciati nello spazio intracellulare insieme al rilascio di damage-associated molecular patterns (DAMPs) derivato dal danno neuronale, inducono l’attivazione della microglia ed il rilascio di citochine proinfiammatorie. sottolineando il ruolo dell’infiammazione nello sviluppo della SLA (5). Negli ultimi anni è stato anche dimostrato che la neuroinfiammazione è mediata dall’inflammasoma, un complesso citosolico proteico, la cui funzione è quella di agire come sensore intracellulare per rilevare segnali esterni (PAMPs, pathogen-associated molecular patterns) e DAMPs. NLRP3 è l’inflammasoma più studiato e caratterizzato ed alcuni lavori hanno dimostrato che la sua attivazione promuove la degenerazione muscolare nella SLA (6).
La spasticità, risultato di una degenerazione dei motoneuroni superiori, è presente nel 40% dei pazienti ed è responsabile di una importante disabilità che riduce la loro qualità della vita, determinando l’insorgenza di una serie di conseguenze secondarie, come fibrosi muscolare, contratture articolari, crampi, spasmi muscolari e dolore (7). Per il trattamento della spasticità sono utilizzati farmaci come baclofen, tizanidina e benzodiazepine; il loro uso è limitato dal delicato equilibrio tra efficacia e tollerabilità portando ad un grande interesse nella ricerca di nuovi trattamenti per la spasticità in queste patologie (8). Sativex® è uno spray orale contenente delta-9-tetraidrocannabinolo(THC)/cannabidiolo (CBD) in rapporto 2,7/2,5 mg/mL, approvato in Italia nel 2013 e indicato per il trattamento della spasticità nella Sclerosi Multipla. Un trial clinico di Fase 2 pubblicato su Lancet Neurology nel 2019 ha però evidenziato che Sativex® ha un effetto positivo anche sui sintomi da spasticità dei pazienti con malattie del motoneurone con un profilo di sicurezza e tollerabilità accettabile (7). Tutto ciò ha quindi posto l’attenzione sul ruolo dei cannabinoidi nel trattamento dei sintomi da spasticità in queste patologie.
I cannabinoidi hanno proprietà antiinfiammatorie e immunomodulanti ben documentate, inducendo apoptosi, prevenendo la proliferazione cellulare, riducendo la produzione di citochine e stimolando le cellule T regolatorie (9). THC e CBD sono i due composti maggiormente presenti nella Cannabis sativa L., e la loro azione è mediata dal legame con due recettori a proteina G, CB1 e CB2. THC è un agonista parziale dei recettori CB1 e CB2, presenta proprietà fisiologiche interessanti dal punto di vista terapeutico, che coinvolgono entrambi i recettori, ed includono effetti antiinfiammatori, immunosoppressivi ed analgesici. Il suo uso terapeutico è però limitato dagli effe