Suscettibilità dei mammiferi a SARS-COV-2: rischi di zoonosi inversa e possibilità in medicina traslazionale
Progetto COVID-19 è una malattia infettiva emergente causata dal coronavirus (CoV) pandemico SARS-CoV-2 [1].
“Analisi filogenetiche e molecolari hanno indicato come più probabili progenitori i CoV circolanti nei chirotteri
del genere Rhinolophus. Al contempo, la maggiore identità amminoacidica a livello del dominio recettoriale
della proteina Spike tra SARS-CoV-2 ed alcuni CoV del pangolino sembra suggerire un ruolo di mixing vessel
per una o più specie animali a stretto contatto con l’uomo. La circolazione silente in questi animali avrebbe
permesso al virus di aumentare il potenziale zoonotico grazie a fenomeni di adattamento e/o ricombinazione
con coronavirus tipici di queste specie [2].
Dati sperimentali in vitro, in silico ed in vivo supportano l’ipotesi che SARS-CoV-2 possa infettare diverse
specie animali [1,3]. Sebbene per ragioni ecologiche e di interazione domestica, l’uomo abbia maggiori
probabilità di trasmettere SARS-CoV-2 agli animali da compagnia, l’eventualità di una diffusione ed
adattamento del virus in specie di interesse zootecnico rappresenta una minaccia più grave per la salute
pubblica, in quanto porrebbe le basi per una futura re-introduzione della malattia con serie conseguenze per
la popolazione umana. Inoltre, analogamente a quanto accade per i virus influenzali umani una volta
reintrodotti nella popolazione suina, un’eventuale circolazione di SARS-CoV-2 in specie diverse dall’uomo,
potrebbe risultare in profonde alterazioni antigeniche, compromettendo l’immunità di popolazione
nell’uomo a seguito di vaccinazione o eventi epidemici. In questo contesto, limitati dati sperimentali indicano
il suino come una specie potenzialmente recettiva ma scarsamente suscettibile all’infezione [1,3]. Tuttavia,
non è possibile considerare come conclusivi dati generati a partire da animali di laboratorio, appartenenti ad
una singola classe di età ed immunologicamente privi di memoria per i CoV circolanti in questa specie [5].
Poiché la presenza di CoV endemici sembrano aver contribuito già in passato all’emergenza di nuovi CoV
negli animali [5], al fine di definire la suscettibilità a SARS-CoV-2 delle diverse specie animali di interesse
zootecnico e valutarne il potenziale come amplificatori o reservoir di malattia, risulterà fondamentale
valutare, oltre alla recettività d’ospite ed al tessuto tropismo del virus, il ruolo protettivo/esacerbante svolto
dall’immunità contro i CoV tipici di quella specie. Tali informazioni permetterebbero inoltre di formulare
ipotesi in merito al ruolo dell’immunità esistente nell’uomo, verso i comuni HCoV-OC43, HCoV-HKU1, HCoV-
229E e HCoV-NL63 e di ricorrere ad animali di laboratorio naturalmente suscettibili alla malattia (furetto,
criceto, topo) come modelli traslazionali per lo studio dell’immunopatologia [3].
Il presente studio si propone di:
i) Investigare la suscettibilità a SARS-CoV-2 delle specie di maggiore interesse per la Sanità Pubblica Italiana,
incluse alcune specie domestiche, da compagnia e selvatiche;
ii) Comparare diversi modelli animali per studiare in vivo l’immunopatologia associata a SARS-CoV-2, incluso
l’effetto dell’immunità pregressa contro CoVs umani nella determinazione della suscettibilità e
nell’andamento della malattia nell’uomo;
iii) Rilevare sul territorio nazionale la circolazione attiva di coronavirus (incluso SARS-CoV-2) tramite
sorveglianza passiva biomolecolare in animali domestici e selvatici;
iv) Indagare sul territorio nazionale l’esposizione pregressa al SARS-CoV-2 di selezionate specie domestiche
di interesse, tramite sviluppo di test specifici da utilizzarsi per una sorveglianza attiva sierologica;
v) Produrre un documento che quantifichi il rischio di infezione nelle diverse specie, anche al fine di fornire
indicazioni utili per la predisposizione di eventuali piani di sorveglianza e di emergenza.