Da diversi anni è emerso un filone di ricerca mirato a comprendere il ruolo dei social network, e in generale degli ambienti digitali utilizzati dai ragazzi, come strumenti per un approccio informale all’educazione.
Il concetto di apprendimento informale si caratterizza per l’inserimento di pratiche di apprendimento all’interno delle attività quotidiane, l’assenza di obiettivi formalizzati in termini di risultato, l’approccio basato sull’esperienza e sul coinvolgimento dei propri interessi personali nel percorso (Marsick and Watkins, 1990).
L’emergere degli spazi digitali di interazione prima, e dei social network successivamente, ha portato, per molti studiosi, a un potenziamento e ampliamento delle forme di apprendimento informale, attraverso la creazione di ‘communities of practice’ (Wenger, 1998) e ‘affinity spaces’ (Gee and Hayes, 2012). A partire da questi presupposti, numerose ricerche si sono dedicate a esplorare il ruolo dei social e degli ambienti web 2.0 nei processi formativi, sia istituzionali che informali, e nella formazione di nuove competenze transmediali, sviluppate ovvero attraverso l’uso partecipativo e sociale dei media (Jenkins 2013; 2020; Scolari 2018; 2019).
Un grande spazio, nel dibattito scientifico, si è aperto nel cercare di comprendere se e come questi ambienti social avessero effetti positivi, o negativi, sugli individui.
Da una parte, gli studiosi hanno rilevato che l’uso eccessivo e compulsivo dei social media può creare dipendenza. Le ricerche hanno quindi evidenziato diverse conseguenze negative, normalmente associate all’uso intensivo dei social, come malessere personale, depressione, dipendenza, FOMO (Fear of Missing Out) distanziamento da attività salutari e da relazioni in presenza, consumo di disinformazione e polarizzazione ideologica (Gui, 2019; Mosquera & al., 2019).
Recenti studi empirici sull’uso dei social da parte degli studenti evidenziano una mancanza di quella che potrebbe essere considerata un’autentica o utile attività di apprendimento partecipativo e una sorprendente mancanza di usi raffinati o avanzati dei social media fra gli studenti universitari (Head eEisenberg, 2010; Margaryan, Littlejohn e Vojt,2011; Pereira et al. 2019).
Altri studi, tuttavia, riportano analisi più positive sul ruolo dei social network per l’apprendimento.
Studi sugli usi dei social per gli studenti universitari hanno osservato che l’implementazione costruttiva in termini educativi di strategie di apprendimento social può portare a migliorare i risultati di apprendimento e la motivazione degli studenti, sopratutto i più svantaggiati (Junco, 2012; Davis et al., 2014;Taddeo e Tirocchi 2019).
I Social media sono stati sperimentati con particolare successo, per esempio, in specifici ambiti professionalizzanti come gli studi su temi tecnologici, medici, o l’apprendimento delle lingue (Karaman& Özmen, 2021).
Altri studi evidenziano il ruolo dei social come ambienti di apprendimento permanente, dove i ragazzi coltivano, sperimentano e raffinano competenze informali, utilizzando strategie che sono native di questi ambienti e che si caratterizzano per l’approccio edutainment, in cui l’apprendimento è un effetto secondario di pratiche legate al gioco, alla socializzazione, alla sperimentazione identitaria (Scolari 2018; Masanet, Guerrero-Pico, and Estable ́s 2019; Taddeo & Tirocchi 2018; Taddeo 2019; Masanet, Taddeo e Tirocchi 2020).
Le diverse strategie di apprendimento informale, come l’imitazione, o l’imparare insegnando, per esempio nei tutorial, producono nuove forme di ‘digital apprenticeship’ (Masanet et al 2019) e l’emergere degli influencers, in particolare in Instagram e Youtube (Aran-Ramspott et al., 2018; Masanet, Márquez, Pires, and Lanzeni, 2020; Scolari and Fraticelli, 2017) come nuovi attori considerati come istruttori, mentori, life coach o specialisti in specifi